Cosa nasconde la provocazione di un bambino…

Come reagiamo davanti ad una provocazione da parte di nostro figlio? Siamo davvero in grado di comprendere il significato della sfida? Ecco 3 chiavi di lettura che possono aiutarci a capire cosa fare…

Di fronte a una risposta maleducata, ad una provocazione, al rifiuto ad eseguire i compiti oppure a dare una mano in casa tutti noi genitori ci troviamo in grande difficoltà.

Cosa fare? Come comportarci? Quali sono le soluzioni giuste? Ma soprattutto, cosa sta cercando di comunicarci il nostro bambino? 

Ecco allora che abbiamo bisogno di acquisire strumenti che ci permettano di capire e di tradurre quelle che sono le comunicazioni che nostro figlio ci manda. Ci servono delle chiavi di lettura…

Partiamo da cosa succede di fronte alla provocazione del bambino; la prima reazione che proviamo è sicuramente caratterizzata dalla rabbia.

Come si permette? E adesso cosa gli rispondo? Io con mio padre o con mia madre non avrei mai osato… E adesso cosa faccio?

Questa situazione di partenza di certo non è delle più facili! In primo luogo ci troviamo a dover gestire una reazione spropositata da parte di nostro figlio, in secondo luogo dobbiamo anche occuparci della nostra reazione, di come ci sentiamo, di arginare la rabbia e di trovare una risposta educativa adeguata, di affrontare il confronto con un modello genitoriale da cui ci sentiamo tremendamente lontani.

Ecco che allora, nella fretta ma anche nel bisogno di fornire una risposta immediata, ci ritroviamo a cercare in qualche maniera di ristabilire la nostra autorità genitoriale, di fortificare il nostro ruolo, e ci dimentichiamo che la provocazione è in realtà una forma di comunicazione.

Certo una modalità di comunicazione distorta, poco comprensibile e poco accettabile, ma comunque un modo che nostro figlio usa per dirci qualche cosa.

Se poi, come la stragrande maggioranza dei genitori, cadiamo nella dinamica della sfida allora la frittata è fatta…

Ci ritroviamo intrappolati in un gioco basato su chi alza di più la voce, o chi usa l’espressione più volgare nel caso di un bambino abbastanza grande e di un adolescente. Un gioco che non siamo in grado di condurre e dal quale non riusciamo più ad uscire. Siamo in trappola!

Un gioco che non ci aiuta e non ci porta da nessuna parte!

Forse sarebbe più utile cercare di affrontare la situazione in un modo diverso, magari cercando di capire quali sono i messaggi che i nostri bambini ci mandano e quali risposte possiamo utilizzare per ottenere i due risultati che ci interessano: arginare le provocazioni ed allo stesso tempo rispondere ad un bisogno.

Ecco allora tre chiavi di lettura per cercare di capire cosa si muove sotto una provocazione:

  • Quali meccanismi sono coinvolti?

In meccanismo principale che sta sotto una provocazione rimanda alle modalità ed agli strumenti che il nostro bambino ha acquisito in base alla fase evolutiva.

Noi adulti siamo abituati ad utilizzare il linguaggio per comunicare con gli altri, ma siamo sicuri che nostri figli siano altrettanto capaci di farlo? Molto spesso non è così…

Il bambino, infatti, non ha ancora sviluppato una capacità linguistica ed un vocabolario emotivo tali da rendere possibile un’affermazione come “mi sento molto arrabbiato e frustrato perché devo svolgere i miei compiti per domani ma avrei preferito dedicare il mio tempo ad attività ludiche oppure a seguire la mia serie preferita che trasmettono proprio quest’ora”!

Siamo molto lontani…

Il nostro bambino può esprimersi solamente attraverso i canali che padroneggia ed in particolare quello corporeo e del comportamento.

Ecco che allora, dovendoci comunicare come si sente ma non avendo a disposizione né la capacità di identificare l’emozione né le parole da usare per poterci raccontare cosa prova trova come unica via quella di farci sentire come si sente lui.

Se lui si sente arrabbiato allora ci farà arrabbiare, un meccanismo che porta all’equivoco che se ci sentiamo come lui potremmo capire ed aiutarlo.

Niente di più lontano dalla realtà perché se noi ci sentiamo arrabbiati l’unica cosa che riusciamo a capire è come ci sentiamo noi e qual’è la causa della nostra frustrazione.

In quest’ottica la provocazione assume quindi i connotati di un messaggio che non arriva a destinazione. È come se provassimo a scrivere una lettera in italiano ad un amico che parla solo giapponese…

  • Cosa nasconde una provocazione?

Sembrerà strano, ma molto spesso una provocazione ed una sfida nascondono una forte insicurezza.

Il nostro bambino, che magari si sente poco adeguato e non in grado di svolgere un compito oppure di andare in piscina o semplicemente di chiedere ad altri bambini al parco di giocare, paralizzato dalla paura di fallire preferisce mettere in atto una condotta che lo allontana dalla fonte di stress.

Se affronto il compito controvoglia, addirittura manifestando palesemente la mia opposizione, il risultato negativo non dipenderà dal mio non essere capace ma solo dal fatto che non mi sono impegnato. O ancora se mi rifiuto, magari con una scenata, di chiedere agli altri bambini di giocare insieme mi proteggo dall’essere escluso e dal sentirmi non voluto.

  • Ogni genitore è in continuo confronto con i propri genitori.

Non mi sarei mai permesso di rispondere a mio padre in questo modo” e anche “a mia madre bastava un solo sguardo per rimettermi al mio posto” sono frasi che almeno una volta della vita tutti noi ci siamo ritrovati a pensare.

Il rispetto, la buona educazione, l’autorevolezza, l’essere obbedito sono tutti concetti che rimandano alla paura più grande che ogni genitore ha: non essere un buon padre o una buona madre.

La realtà è un’altra. Un buon genitore non si riconosce unicamente dal rispetto o addirittura dal timore che i figli hanno di lui. Un buon genitore è colui che riesce, nella maggior parte dei casi, a capire i bisogni del figlio e ad intervenire per aiutarlo.

Il confronto e l’aspra autocritica non sono quindi utili perché di fatto non solo ci allontanano dal qui e ora ma diventano una lente attraverso cui interpretiamo i comportamenti del nostro bambino.

In altre parole se sono troppo occupato a preoccuparmi di essere un bravo padre o una brava madre o a confrontare i miei risultati con quelli ottenuti dai miei genitori, difficilmente troverò il tempo per capire cosa sta succedendo!

Ovviamente non è semplice, la richiesta è quella di riuscire a mettere da parte delle reazioni spontanee e delle emozioni forti in funzione di uno sforzo di comprensione che però può essere determinante per affrontare e risolvere un atteggiamento che nel tempo potrebbe diventare estremamente critico.

Davanti alla sfida ed alla provocazione lanciata dal nostro bambino proviamo quindi a non dimenticarci quali sono i meccanismi che nostro figlio sta mettendo in atto e che questi meccanismi dipendono in realtà dall’età e dalla fase evolutiva.

Cerchiamo poi di chiederci quali emozioni si muovono dietro la provocazione e, anche solo momentaneamente, proviamo a dimenticare di rapportare ogni nostro intervento a quello che avrebbero fatto i nostri genitori.

In bocca al lupo!

HAI DOMANDE E CONSIDERAZIONI? LASCIA UN COMMENTO!

HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA?

CHIAMA SUBITO IL NUMERO 3478828748PER FISSARE UN APPUNTAMENTO. NELLO STUDIO DI MILANO IL PRIMO INCONTRO È GRATUITO!

VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO SUI NUOVI ARTICOLI? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER… 



Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.